In autunno generalmente cadono le foglie, ma in questo autunno, sorprendentemente, a cadere sono anche le detrazioni di spesa per chi ha un reddito superiore a 75mila euro. Questo quanto si evince da una lettura del testo embrionale della Manovra, adesso al vaglio di un articolato iter parlamentare che, si spera, possa migliorarlo.
Se poi la persona che guadagna dai 75mila euro in su, per scelte private o imposte dalla vita, non ha figli, il massimale detraibile si riduce ulteriormente. Insomma, quel ceto medio che è nei fatti il motore del Paese e che un po’ tutti, a parole, proclamano di voler difendere, viene irrimediabilmente penalizzato. Umiliato e offeso, potremmo dire parafrasando Dostoevskij.
Questa inspiegabile tendenza nazionale a penalizzare chi più emerge nella società si traduce periodicamente in tagli che sovente vanno a colpire proprio le punte di eccellenza del sistema produttivo. Quel nucleo di cittadini che, come i manager, lavora per il benessere collettivo, sostiene il sistema del welfare e dei servizi, si occupa della crescita economica e occupazionale.
E inoltre paga le tasse, senza furbizie, sotterfugi, omissioni di comodo. È la parte sana del Paese che dice no all’evasione, di fatto parliamo di quel cittadino su quattro che si sobbarca l’intero carico dell’Irpef, mentre gli altri tre dichiarano redditi minimi o nulli vivendo sostanzialmente sulle spalle del primo.
Ecco perché esigiamo a gran voce che si intervenga sulla Manovra affinché il ceto medio possa respirare e non sia costretto a vivere ulteriormente sotto pressione.
Abbiamo fiducia nella saggezza del Governo e del Parlamento che sapranno intervenire per correggere la rotta. Anche perché altrimenti il rischio è quello di disincentivare ulteriormente la qualità e di scoraggiare i migliori talenti a rimanere in Italia per lavorare, in breve: di tagliare le gambe al futuro.
Si tratta di avere visione, di non guardare solo a far cassa nell’immediato assecondando le contingenze o ricercando consenso di corto respiro.
Attenzione, la nostra è una riflessione ben distante dalle sterili polemiche politiche, infatti accogliamo con favore quanto di buono dalla Manovra emerge. In tal senso, il ritorno alla piena indicizzazione delle pensioni rappresenta un atto di giustizia e di equo riconoscimento nei confronti di chi ha speso la propria esistenza in ruoli di responsabilità e di forte impatto decisionale.
Ma bisogna pensare a tutti, non procedere a compartimenti stagni quindi, ma ragionare cercando di mettere insieme il complesso puzzle sociale di una grande economia come quella italiana, che siede da protagonista al tavolo del Grandi del mondo e ambisce a essere sempre più dinamica e competitiva.