Intangibile, ma inestimabile

Il segreto della reputazione? Non si può acquistare né scambiare, ma va costruita giorno dopo giorno, con coerenza, trasparenza e dedizione costante.

Gianluca Comin Presidente di Comin & Partners

L’essenziale è invisibile agli occhi, scriveva nel 1943 Antoine de Saint-Exupéry ne Il piccolo principe. A quasi un secolo di distanza, la validità di quel principio rimane intatta, ed è possibile estenderla a un’infinità di aspetti della nostra vita quotidiana: dalle relazioni umane alla ricerca del senso dell’esistenza. Ma questa semplice e profonda affermazione cattura perfettamente anche l’essenza della reputazione, un asset intangibile e di inestimabile valore. In un mondo dove l’immagine è spesso considerata superficiale, la reputazione rappresenta una dimensione invisibile ma cruciale che può determinare il successo o il fallimento di un individuo o di un’azienda. In un mondo sempre più connesso e trasparente, la reputazione emerge come un asset prezioso, intangibile ma sempre presente.

Ma cos’è la reputazione? Secondo Iago, alfiere di Otello nella tragedia di William Shakespeare, la reputazione è: «Un’idiota impostura, falsa ed inutile quant’altre al mondo, troppe volte acquistata senza merito, troppe volte perduta senza colpa!».

Secondo una citazione attribuita a Abraham Lincoln nel libro “Washington in Lincoln’s Time” di Noah Brooks, pubblicato nel 1896 «Il carattere è come un albero e la reputazione come la sua ombra. L’ombra è ciò che pensiamo di esso; l’albero è la cosa reale». E ancora, secondo l’imprenditore e economista Warren Buffett «Ci vogliono 20 anni per costruire una reputazione e cinque minuti per rovinarla.» E alla luce di questa considerazione aggiunge: «Se pensi a questo, farai le cose in modo diverso».

La reputazione non può essere toccata, misurata o quantificata in termini tradizionali.

È costruita attraverso percezioni, esperienze e opinioni che gli altri hanno di noi o della nostra azienda. Anche se invisibile, ha un impatto significativo su vari aspetti della vita professionale e personale. Influenza le decisioni dei clienti, la fiducia degli investitori, l’attrattiva per i talenti e persino le opportunità di carriera.

In un’epoca in cui l’informazione è accessibile a chiunque e chiunque può fare informazione con un semplice tweet, la reputazione è diventata un fattore discriminante e imprescindibile. Le aziende con una buona reputazione tendono ad avere clienti più fedeli, maggiori opportunità di partnership e migliori condizioni di mercato perché, come diceva lo scrittore Napoleon Hill, «Il tuo carattere è quello che sei, la tua reputazione è quello che la gente pensa tu sia».

In tanti anni di esperienza ho incontrato uomini e donne, professionisti e dilettanti, dipendenti e presidenti in cerca di una formula magica per acquisire una reputazione solida.

Per quali ragioni? Le più svariate: chi per far carriera, chi per cambiare lavoro, chi per guadagnare di più, chi per avere potere e successo.

Ma questo è il segreto della reputazione: non si può acquistare né scambiare, ma va costruita giorno dopo giorno, con coerenza, trasparenza e dedizione costante.

Non esistono scorciatoie: è il risultato di un impegno continuo, di una analisi profonda del contesto nel quale si opera e di un comportamento etico.

Qualche anno fa, con il collega Gianluca Giansante e un lavoro di ricerca di Comin & Partners, abbiamo analizzato gli strumenti a disposizione per costruire la reputazione e raccolto best (e worst) practice in “Tu puoi cambiare il mondo. La reputazione personale: promuovere il talento, condividere il valore” (Marsilio editore). Il volume esplora le strategie per costruire una reputazione solida, in grado di alimentare la crescita professionale e influenzare positivamente i risultati aziendali. In un mondo in continua e rapida evoluzione, dove abbondano gli strumenti per distinguersi e farsi valere, è essenziale sapersi muovere con competenza per evitare cadute di stile, o ruzzoloni scomposti.

Mai come oggi, infatti, le azioni e le dichiarazioni dei leader aziendali hanno il potere di modellare la percezione pubblica, con conseguenze immediate sui valori di mercato delle loro aziende. La reputazione personale è sempre più un elemento che consente di distinguersi dai propri competitor e valorizzare la propria offerta professionale. In un contesto all’interno del quale le interconnessioni sono praticamente illimitate e le informazioni disponibili su scala globale e in tempi rapidissimi. Il designer Marc Ecko lo ha espresso in poche parole: «Anche tu sei un brand. Che tu lo sappia o no. Che ti piaccia o no». O come diceva Alistair Campell, spin doctor di Tony Blair, in un mondo in cui chiunque può fare informazione «è inutile pensare di controllare i media, devi controllare te stesso, i tuoi comportamenti».

Basta pensare a quanto succede oltreoceano, palcoscenico sempre in modo più “spettacolare” di quello europeo, più composto.

Le dichiarazioni confuse di Joe Biden hanno scalfito la sua reputazione tanto da convincerlo (o costringerlo) a ritirarsi dalla corsa per la rielezione presidenziale.

A ogni post del visionario Elon Musk, qualsiasi sia la piattaforma su cui pubblica, la borsa trema e il titolo delle sue aziende rischia la caduta libera.

La reputazione non può essere toccata, misurata o quantificata in termini tradizionali. È costruita attraverso percezioni, esperienze e opinioni che gli altri hanno di noi o della nostra azienda

O ancora, qualche settimana fa la tournée di Taylor Swift ha fatto tappa a San Siro, determinando la presenza di circa 128mila fan, e soprattutto un indotto economico complessivo sulla città di Milano di oltre 176 milioni di euro. Un fenomeno – o culto – alimentato anche dai media, basta pensare che il magazine Time l’ha scelta come persona dell’anno, premiandola con un riconoscimento di solito riservato a politici o titani dell’industria e finora attribuito a 14 presidenti americani, 5 leader russi, 3 papi.

Ecco dunque come i mezzi di informazione e le piattaforme digitali – la distinzione tra loro si fa sempre più sottile – non si limitano a raccontare i fatti, ma influenzano il modo in cui la realtà viene presentata e contribuiscono a condizionarla, in un senso o nell’altro.

L’essenziale è invisibile agli occhi, insomma, è un monito valido anche per i leader aziendali.

Ci ricorda che ciò che non possiamo vedere può avere un impatto profondo e duraturo. La reputazione, pur essendo un asset intangibile, è fondamentale per il successo e la sostenibilità nel lungo termine. Curarla con attenzione, investire nella trasparenza e nella qualità, e gestire proattivamente la propria immagine sono azioni imprescindibili in un mondo dove ogni dettaglio conta e ogni percezione può fare la differenza.

La reputazione è, in definitiva, l’asset invisibile che può valere milioni, qualsiasi sia la valuta.

< Articolo Precedente Articolo Successivo >