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Ridare senso al lavoro

Come sta cambiando lo scenario occupazionale in Italia? Se ne discute nel libro “Il buon lavoro. Benessere e cura delle persone nelle imprese italiane”, scritto dal Presidente Stefano Cuzzilla insieme a Manuela Perrone, edito da Luiss University Press.

Guardo le mie figlie e, tra un comprensibile entusiasmo paterno e velate preoccupazioni, mi chiedo: «Che lavoro faranno da grandi?»

Probabilmente un lavoro che ancora non esiste, considerate le continue evoluzioni dell’era digitale.

Forse una professione in cui conterà molto l’intelligenza artificiale, che sta già rivoluzionando le nostre vite, oltre che i processi aziendali.

Grandi incertezze generano interrogativi spiazzanti e le risposte si affidano, giocoforza, alle previsioni e alle deduzioni.

Perché in fondo il futuro è sempre una scommessa, ma possiamo vincerla.

Partiamo da una nota positiva: l’Istat ci dice che, a novembre 2023, sono stati registrati 520 mila occupati in più rispetto all’anno precedente. Un segnale incoraggiante, da interpretare con ottimismo, ma anche con una certa cautela.

Sì, perché le complessità dei nostri giorni hanno determinato la comparsa di fenomeni nuovi legati all’occupazione, come le grandi dimissioni, il quiet quitting, il job hopping, solo per citarne alcuni. Reazioni umane, più o meno silenti, a una perdita di senso del lavoro, acuita dal pesante biennio pandemico. Ridare senso al lavoro è quindi la grande sfida della nostra epoca.

Da questa visione prende le mosse il libro che ho scritto con Manuela Perrone, dal titolo “Il buon lavoro. Benessere e cura delle persone nelle imprese italiane”. Il volume, disponibile nelle librerie e negli store online, è edito da Luiss University Press nella collana “Bellissima” diretta da Nicoletta Picchio e si apre con la prefazione di Ferruccio De Bortoli.

È stato un impegno editoriale significativo, che ha richiesto un’ampia analisi dell’attuale quadro occupazionale, a partire da quello che abbiamo definito il “nodo delle 3 G”: giovani, genere, geografia. Di fronte all’allarmante degiovanimento della nostra popolazione, a un tasso di disoccupazione femminile di quasi 14 punti più basso della media Ue e a divari territoriali evidenti, occorre uno sforzo condiviso per convertire l’emergenza-lavoro in opportunità di crescita. Come?

Rimettendo le “persone al centro”, avendo come obiettivo il loro wellbeing e favorendo un welfare aziendale efficace e integrato con il welfare pubblico.

Lo scenario occupazionale si misura oggi con parole d’ordine nuove: flessibilità, agilità, antifragilità e conciliazione.

Ridare senso al lavoro significa quindi puntare a un equilibrio dell’ecosistema aziendale, in modo che i lavoratori possano esprimere talenti e maturare competenze innovative.

In un futuro che corre verso il traguardo della doppia transizione, digitale e ambientale, chi rimane al palo è destinato a perdere employability. Per questo ci concentriamo tanto sul tema della formazione e promuoviamo percorsi di certificazione delle competenze manageriali più richieste dal mercato. Ne siamo convinti: il buon lavoro parte anche da noi.

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