L’incertezza è, senza dubbio, non solo uno stato d’animo di tante persone nel nostro Paese, ma un tratto strutturale della stagione iniziata con il Covid e proseguita con altre tre crisi: quella bellica, quella energetica, e quella che rimane la madre di tutte le crisi, il deterioramento ormai irreversibile del pianeta. Correnti d’ansia generalizzata ed elementi di scenario cui si può rispondere con un ottimismo volontarista, con soluzioni di “antifragilità” (à la Nassim Taleb, l’autore del Cigno nero) e con i sistemi manageriali tradizionali. Oppure, soprattutto sul versante del supporto ai nostri collaboratori, soluzioni come l’empatia e una leadership di ascolto, l’ingaggio nella Csr e il wellbeing, fino alla messa a disposizione di mindfulness e di psicologi in azienda.
Tutto questo, spesso, non appare adeguato alla profondità della crisi, e allora la risposta può essere in un altro tipo di profondità, quella che nasce andando in fondo a sé stessi e trovando una parola atipica per la cultura manageriale: il servizio, la leadership come servizio all’azienda, ma anche ai nostri collaboratori in certi loro problemi e perfino alla società. Per fare ciò, in una stagione di sgretolamento di alcuni capisaldi dell’economia internazionale, come delle certezze dei singoli, il richiamo a una solidità che ha attraversato i secoli, come la Compagnia di Gesù, ha molto da dire anche ai manager. E questo è ciò che Federmanager e Unindustria di Roma e del Lazio hanno promosso come richiesta a Fondirigenti, per un’iniziativa strategica che è stata affidata a Cdi Manager, con la realizzazione di Federmanager Academy e di Unindustria Perform, e il supporto scientifico della prestigiosa Pontificia Università Gregoriana, il “pensatoio del Papa”, che da decenni è affidata ai Gesuiti.
Questa organizzazione, infatti, fin dalla fondazione ad opera di Sant’Ignazio di Loyola si connota per vari elementi, fra i quali, nell’ottica manageriale, almeno tre sono molto interessanti:
- il vivere non nei monasteri ma nel mondo, nei luoghi dove i problemi bruciano di più e dove le sfide sono quasi impossibili (si pensi alla evangelizzazione della Cina o del Giappone, tentate secoli fa o alla testimonianza di Padre Dall’Oglio, rapito in Siria dove aveva fondato un luogo di riflessione fra appartenenti alle diverse religioni);
- una grande determinazione, quella che Sant’Ignazio chiamava “la lama d’acciaio della volontà”, dura ma anche flessibile;
- una preparazione allo studio che forse è la migliore al mondo, come dimostrano le centinaia di leader formatisi nelle tante scuole di altissima qualità (un nome solo: Mario Draghi) e nelle 200 università che i Gesuiti hanno nel mondo.
La proposta a Fondirigenti è pervenuta ed è stata perfezionata da Federmanager Academy, ma è nata in realtà da Federmanager Roma, che da alcuni anni ha un rapporto speciale con la Gregoriana. L’esito è stato quello di proporre un percorso sulla “Leadership come servizio”, nell’impresa ma anche oltre l’impresa, cioè nella società. Un concetto inedito nel panorama manageriale, che proprio per questo ha convinto Fondirigenti, che ha reso possibile il percorso che si avvia verso la conclusione: dopo una survey cui hanno risposto 127 manager romani e del Lazio (regione cui è riservata l’iniziativa), vi sono stati due dei tre incontri dedicati a figure come il Cardinal Martini, maestro di dialogo profondo e di capacità di interrogarsi sul senso del nostro essere nel mondo, o di una figura come il gesuita francese Pierre Teilhard de Chardin.
Questi era uno scienziato che non solo difese già negli anni ‘30 l’autonomia della scienza dalla visione integrista della fede, ma che, per amore del proprio lavoro, pagò un prezzo altissimo: per uno scritto con le sue tesi sulla prima coppia di creature e sul peccato originale, che doveva restare segreto, fu tradito dal confratello che lo rese pubblico, e l’Autorità ecclesiastica lo mandò a fare per vent’anni lo scienziato, sì, ma nel Deserto del Gobi. Teilhard non solo visse con obbedienza e servizio quella missione (lui che era anche paleontologo), ma già aveva dimostrato un coraggio incredibile come barelliere nei primi anni da gesuita, nelle trincee di Verdun, tornando come un eroe, lui che non voleva esserlo.
Ecco perché ci sono tante lezioni da imparare da figure di questo tipo. Per restare a Teilhard, nella New York in cui va a insegnare dopo quella sorta di riabilitazione, proponendo una spiritualità basata sull’incarnazione di Cristo nel mondo (e non sulla condanna di esso e degli uomini), afferma: «Ognuno deve trovare il pendio della materialità, e deve risalire questo pendio partendo dal punto specifico in cui egli si trova». O ancora, dopo aver visto Hiroshima e i rischi della “meccanizzazione” del mondo, Teilhard dice che questa è una sfida da accettare, perché «non si può scalare una montagna senza costeggiare un abisso».
Su questa e sull’altra figura trattata (e in attesa di Avery Dulles), in senso rigorosamente laico e non confessionale, una trentina di dirigenti e altre figure impegnate nell’economia hanno partecipato a Laboratori guidati, in cui si è cercato di mettere a terra le lezioni di quei grandi maestri nell’ottica di una “leadership come servizio”, arrivando a un modello che sarà messo a disposizione di Fondirigenti nell’evento finale che si terrà a Roma il 22 febbraio, per poi essere proposto a tutte le aziende che lo vorranno studiare.
Trenta dirigenti hanno partecipato a laboratori guidati, in cui si è cercato di mettere a terra le lezioni di quei grandi maestri nell’ottica di una “leadership come servizio”
Ognuna però dovrà declinarlo con originalità e per tutte rimane un elemento di fondo: i manager possono superare la pratica pur lodevole dell’ascolto e arrivare al “servizio”, e possono completare quella “responsabilità sociale” che rischia di essere svalorizzata con un salto di qualità che non lascia dubbi, ovvero l’impegno sociale dell’azienda. E anche questo è un modo per dare una risposta all’incertezza, che può essere superata magari dai manager che paiono di acciaio, ma anche da coloro che hanno qualcos’altro che è fatto di quel materiale, ovvero la “lama della volontà”, uno strumento sostenuto da un approccio che noi manager non pratichiamo quasi mai: quello dell’umiltà. Anche partendo da qui, si può affrontare l’incertezza.