La pandemia ha rappresentato uno tsunami per il personale nel suo complesso, per chi ha la responsabilità del people management e, più in generale, per i modelli organizzativi di impresa. Ha imposto – in brevissimo tempo – agilità, velocità, nuovi schemi di business e di leadership, una nuova e diversa attenzione alla salute, un processo di digitalizzazione accelerata e il lavoro a distanza. Ha posto l’enfasi sulle persone, insegnato che è tempo di riportare il fattore umano al centro delle politiche organizzative. Chi si occupa di “risorse umane”, nel post-pandemia, deve comprendere la realtà e l’esperienza di vita dei dipendenti e supportarli non solo nel percorso lavorativo, ma anche nell’esperienza di vita individuale e familiare. L’Ue indica nell’industria il fattore-chiave delle transizioni economiche e sociali che stiamo attraversando, con il compito di guidare la twin transition, digitale e green. È quindi necessario strutturare, a tutti i livelli, un nuovo paradigma industriale, in grado di coniugare efficienza, produttività e ambiente e di porre il benessere del lavoratore al centro di processi produttivi e modelli organizzativi innovativi.
L’Ue indica nell’industria il fattore-chiave delle transizioni economiche e sociali che stiamo attraversando, con il compito di guidare la twin transition, digitale e green
La nostra Federazione, in collaborazione con Fasi – Fondo di Assistenza Sanitaria Integrativa dei dirigenti del settore industriale, ha promosso uno studio sul benessere lavorativo, dal punto di vista organizzativo e individuale, sviluppato in base a una rilevazione che ha coinvolto 2.935 dirigenti iscritti al Fasi.
Lo studio rappresenta un utile strumento di analisi che si affianca ad altre autorevoli rilevazioni di scenario. Basti pensare che, secondo dati Eurostat, l’Italia si colloca al quartultimo posto in Europa per livello di soddisfazione lavorativa, con una quota percentuale di lavoratori “altamente” soddisfatti pari a 18,9, seguita soltanto da Bulgaria, Serbia e Grecia. Nel 2021 solo un lavoratore su due si è detto “sufficientemente” soddisfatto del lavoro svolto.
In base alle risposte fornite dai dirigenti che abbiamo coinvolto, negli ultimi 3 anni, le innovazioni introdotte o pianificate, all’interno delle imprese in cui operano, riguardano:
- nell’81% dei casi l’ambiente;
- nel 71% dei casi i dipendenti;
- nel 68% dei casi nuovi processi/tecnologie produttive;
- nel 60% dei casi un nuovo modello organizzativo.
Per i manager intervistati, la dimensione collettiva del benessere è funzione di alcuni fattori così graduati, su una scala da 1 a 10: il voto più alto, in media, è assegnato allo stile di leadership (8,5), ma importanza pressoché uguale viene data a welfare aziendale (7,5), modello organizzativo adottato (7,4) e senso attribuito al proprio lavoro, inteso anche come utilità sociale e condivisione dei valori aziendali (7).
Nell’ultimo triennio, le imprese hanno introdotto un ampio ventaglio di misure pensate per accrescere il benessere dei dipendenti. Alcune di esse sono specchio di una reazione immediata all’emergenza pandemica, come nel caso del ricorso allo smart working, che è comune all’85% delle imprese. A seguire, emergono iniziative per favorire l’ascolto/rilevazione del clima aziendale (52%), la formazione (46%) e la conciliazione vita-lavoro (52%).
Rilevante anche l’attenzione a soluzioni che riguardano sia la salute dei dipendenti e dei loro familiari sia policy aziendali che estendono e/o rafforzano le coperture sanitarie e assicurativa (entrambe date nel 40% dei casi).
Lo studio evidenzia inoltre le 5 variabili che incidono sul benessere individuale: salute, conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, benessere relazionale, competenze.
Sono in particolare le nuove generazioni, molto più di quelle precedenti, a reclamare maggiore attenzione al benessere lavorativo.
Dal dettaglio delle risposte emerge che per i manager il benessere personale coincide nella quasi totalità dei casi con aspetti come la flessibilità e la gestione del tempo e con la possibilità di dedicarsi alla formazione e alle opportunità di crescita professionale. Nel 60% dei casi, poi, il benessere è connesso alla presenza di garanzie di tutela della salute, salubrità mentale e fisica sul posto di lavoro. Questi valori segnano un cambio di prospettiva rispetto al passato, quando erano gli aspetti retributivi a determinare la soddisfazione e a orientare le politiche di gestione del personale, e che invece oggi sono percepiti come meno rilevanti.
In una scala di valutazione da 1 a 10 (1 = “Pessimo”; 10 = “Eccellente”), i manager si dicono complessivamente soddisfatti del loro benessere lavorativo, con un valore medio di 7,4 punti.
Più alto è l’apprezzamento verso le tutele contrattuali che riguardano la salute: 8,2 è l’importanza attribuita alla presenza di coperture sanitarie, previdenziali, assicurative, ecc., quali elementi costitutivi del benessere lavorativo.
In una scala di valutazione da 1 a 10, i manager si dicono complessivamente soddisfatti del loro benessere lavorativo, con un valore medio di 7,4 punti
Il lavoro sta cambiando, a una velocità forse mai sperimentata in precedenza. Il nostro studio offre una fotografia chiara di questa evoluzione e un messaggio emerge con chiarezza: indietro non si torna.