In questi lunghi mesi in cui l’epidemia del Covid-19 ha imperversato in lungo e in largo e la nostra industria dell’ospitalità è stata praticamente azzerata, abbiamo capito alcune cose che erano note anche prima, ma che adesso appaiono ancora più chiare: la promozione turistica è qualcosa che non riguarda solo il settore del turismo, ma coinvolge molti più settori dell’economia.
Abbiamo capito che quello che funziona è la legge dell’attrazione dei territori, perché se un luogo è attraente, allora ci si andrà per vacanza, si andrà a investire o, addirittura, si andrà per viverci. Le tre cose non sono così nettamente distinguibili l’una dall’altra. L’attrazione è una, le forme che può assumere molte.
Guardiamo all’aspetto che potrebbe sembrare più lontano, quello dell’industria e vedremo che è molto più vicino di quanto un approccio schematico possa portare a pensare. Le nostre imprese sono molto forti nelle esportazioni. Buona parte delle nostre esportazioni sono connotate dall’avere un’impronta italiana: dal design industriale alle piastrelle, dalla moda alla meccanica legata ai beni alimentari. E qual è il modo migliore di far conoscere i nostri prodotti, se non farli vedere ai nostri ospiti nel contesto sociale, culturale, ambientale in cui sono nati e in cui sono inseriti, insomma dentro il nostro stile di vita?
Un altro aspetto di questa “orizzontalità” dell’impatto del turismo riguarda gli investimenti e quella che abbiamo definito attrazione verso la conquista di nuovi residenti, anche temporanei. Ci sono molte teorie al proposito, in cui è dimostrato che i paesi, anzi le città, che riescono ad attrarre i talenti migliori del mondo, sono quelle società che crescono di più. L’esempio più eclatante è quello della California. La concentrazione, la varietà e la contiguità dei talenti in un unico posto permette che le idee circolino, e con esse i capitali e perciò gli investimenti.
Allora la domanda si sposta sul come attrarre i talenti migliori. L’incentivo economico: certo è uno dei fattori determinanti, ma oggi nel mondo tanti paesi (e tante città) possono offrire compensi interessanti; però l’incentivo economico non basta, perché paesi che potrebbero offrire qualunque cifra non sono allettanti abbastanza perché non si condivide il modo in cui sono organizzati o governati, o per le condizioni generali (clima, cultura, ecc.) in cui si trovano. Un altro incentivo importante è il tipo di impresa che propone l’offerta di lavoro: il suo appeal, la possibilità di far carriera, la percezione generale di quella società condivisa a tutti i livelli. Però la vita non è solo incentivo economico e carriera, perché arrivano altre domande più personali e perciò persino più importanti. Ci si chiede in che ambiente si andrà a vivere; che scuole faranno i propri figli; come sarà passato il tempo libero che rimarrà; come si riuscirà a socializzare con reciproca soddisfazione. Su questo il nostro Paese (e le nostre città) hanno delle possibilità enormi, perché la qualità della vita italiana è una delle più apprezzate al mondo. È proprio quello stile che si vede in vacanza che poi si vorrebbe estendere al resto del proprio tempo. Durante la vacanza e il viaggio una città e un paese presentano (o almeno dovrebbero presentare) i loro aspetti migliori agli ospiti: la cultura, il buon cibo, i paesaggi, le piazze, le spiagge e così via. È lì che può nascere quell’attrazione generale che poi spinge a voler tornare, non solo per fare un’altra vacanza, ma per trasferire un pezzo del proprio lavoro, o addirittura la residenza.
Durante il viaggio una città e un paese dovrebbero presentare i loro aspetti migliori: spingere a voler tornare, non solo per un’altra vacanza, ma per trasferire un pezzo del proprio lavoro, o addirittura la residenza
L’industria dell’ospitalità è importante perché connette più settori dell’economia, dal settore alberghiero a quello alimentare, dai trasporti allo shopping, ma abbiamo visto che la sua forza di connessione non è solo economica, perché va ben oltre e assume connotazioni generali e simboliche, che determinano l’immagine di un paese, collocandolo con esattezza nell’immaginario collettivo globale. Da questo posizionamento nasce la natura e l’intensità dell’attrazione che riunisce ogni ambito della vita economica e sociale del Paese e rappresenta l’unica che può garantirci successo e benessere.
Se tutto questo è vero, allora gli uffici della promozione turistica dovrebbero cambiare pelle e diventare delle Dmo (Destination management organization) a tutto tondo, cioè delle organizzazioni che si occupino non solo di promuovere l’offerta turistica, ma anche di accompagnare gli investimenti delle imprese, soprattutto straniere, che volessero impiantarsi nel territorio. Dovrebbero promuovere progetti attrattivi anche nel campo della formazione e dell’università, creare e favorire gli eventi di qualunque tipo, al limite chiedere e poi promuovere spazi di coworking destinati a stranieri che volessero lavorare temporaneamente nella città.
Gli uffici di promozione turistica andrebbero trasformati in Destination management organization per favorire l’offerta e accompagnare gli investimenti
Il punto cruciale della competizione mondiale oggi è che non si tratta solo o soprattutto di una competizione tra imprese, ma di una competizione tra territori, tra sistemi territoriali, dentro cui c’è la bellezza del paesaggio, la cultura, ma anche la qualità amministrativa, la qualità delle università, la qualità delle imprese e lo stile di vita. Ecco, un’agenzia dell’attrazione (cioè la nuova formulazione delle Dmo) deve provare a lavorare in questo campo largo. Dove possibile, agendo in proprio, e dove non possibile, agendo come persuasore morale rispetto ad altri decisori e ad altre istituzioni. In questo modo un territorio si compatta, avverte la sua ambizione e persegue i suoi obiettivi. In questa prospettiva, l’Italia può dire e dare molto; se vince ancora la frammentazione, non avremo massa critica sufficiente per farlo. Possiamo però confidare, come in altri momenti delicati della nostra storia, di ritrovare un’unità d’intenti e d’azione. Ci serve oggi più che mai.