Al netto dell’effetto pandemia, il turismo vale più del 13% del nostro Pil. Eppure, troppo spesso, non è trattato come un vero settore industriale. Di rilancio e di una visione tradizionale da superare parliamo con Massimo Garavaglia, al timone del ministero del Turismo voluto dal Governo Draghi.
Massimo Garavaglia, ministro del Turismo
Ministro, qual è l’approccio giusto affinché il turismo sia considerato una leva produttiva, economica, industriale fondamentale per la ripresa?
Il turismo è una delle risorse principali del nostro Paese. Vero, prima della crisi valeva il 13% del Pil, ma a mio modo di vedere, se la ripresa sarà interpretata al meglio da tutti gli attori coinvolti, può arrivare a valere fino al 20% del nostro Prodotto interno lordo. Perché ciò accada però, è necessario fare sistema e aiutare l’industria di settore a lavorare nelle migliori condizioni possibili. Il ministero da me guidato è intenzionato a raccogliere le istanze di enti e operatori per realizzare un’attività complessiva di promozione e sviluppo turistico del Paese. Un processo questo che sarà fortemente incentivato dal Pnrr, che prevede lo stanziamento di 2,4 miliardi di euro per supportare e modernizzare la filiera del turismo.
Ora che la stagione turistica è gradualmente avviata, pur con tutti i limiti e le precauzioni del caso, quali sono le sue riflessioni da destinare agli operatori e ai manager del settore? Su cosa possono fare affidamento?
Partiamo dalle buone notizie: per il “ponte del 2 giugno” abbiamo stimato circa 9 milioni di turisti italiani in giro per il Paese. Un dato davvero incoraggiante che, abbinato alle recenti misure pensate per i turisti provenienti da alcuni paesi esteri, può aprire la via a un’estate di numeri importanti. Siamo chiamati a superare una visione disorganica del settore, puntando sulla managerialità qualificata alla guida dell’industria turistica e su una comunicazione efficace. Parliamo di fatti: l’enogastronomia italiana lo scorso anno ha retto l’urto della pandemia. Ecco, siamo un Paese leader in questo campo, ma ancora, ad esempio, non abbiamo un piano strategico dell’enogastronomia, come hanno invece molti paesi meno dotati di noi. È chiaro quindi quanto sia urgente una riorganizzazione complessiva, con approccio manageriale, dell’intera industria, e quindi dell’economia, connessa al turismo.
Siamo chiamati a superare una visione disorganica del settore, puntando sulla managerialità qualificata e su una comunicazione efficace
Per uscire dalla logica frazionata di un’offerta turistica regionale, o addirittura provinciale, sarebbe utile adottare una “cabina di regia nazionale” che ci qualifichi nei confronti di tutti gli interlocutori. Un gruppo di carattere operativo che ragioni in ottica integrata e aiuti a sfruttare al meglio anche le opportunità legate al Pnrr. Che cosa ne pensa?
La “cabina di regia” esiste già: è il ministero che, dopo tanti anni, finalmente c’è. Il Paese paga caro lo scotto di essere stato per anni senza una struttura centrale, soprattutto dal punto di vista organizzativo e nell’interlocuzione con la filiera industriale di settore. Stiamo lavorando perché il dicastero operi in un’ottica integrata, in grado di superare la frammentazione orizzontale, riscontrata spesso giacché diversi ministeri si occupavano dell’industria del turismo, ma senza una visione d’insieme. Adesso un unico ministero porta avanti tutte le istanze del turismo collegate, ad esempio, alla cultura, alle infrastrutture e allo sport. Dobbiamo però superare anche un secondo livello di frammentazione, quella verticale nel rapporto con le Regioni. Vogliamo offrire un riferimento istituzionale forte, aperto al dialogo costante con chi opera nel turismo. Perché, si badi bene, il governo fa le regole, ma gli operatori fanno il Pil.
Vogliamo offrire un riferimento istituzionale forte, aperto al dialogo costante con tutti gli attori. Si badi bene: il Governo fa le regole, ma gli operatori fanno il Pil
Sul tema della mobilità, della logistica e delle infrastrutture non primeggiamo. Lei, nel suo recente intervento in Federmanager, ha ribadito che bisogna agevolare i flussi turistici anche verso i piccoli borghi, i centri montani o marini. Quali sono gli interventi prioritari per valorizzare tutte le bellezze italiane?
Il nostro Paese è ricco di un’offerta che non ha eguali sotto molti punti di vista: paesaggistico, culturale, enogastronomico, come detto. Ma le tante meraviglie d’Italia, come i piccoli borghi disseminati per tutto il territorio nazionale, devono poter essere raggiungibili, per questo i temi della mobilità e delle infrastrutture diventano centrali. Sono delle priorità e il nostro impegno è massimo, lo voglio sottolineare. Proprio alla mobilità sicura e a investimenti e infrastrutture, con attenzione alla sostenibilità, sono infatti dedicate due delle sette linee guida adottate dal recentissimo G20 sul turismo che abbiamo avuto l’onore di presiedere.
Parliamo molto di innovazione, ma l’offerta turistica italiana è ancora poco digitale. Lei ha lanciato la proposta di un hub digitale dedicato al settore. Che cosa prevede? Come possono parteciparvi le nostre imprese?
Certamente, il digitale è il futuro e l’Italia non può rimanere indietro. Per questa ragione puntiamo a creare un hub digitale innovativo in cui operatori e rappresentanti dei territori possano caricare direttamente contenuti di alta qualità, finalizzati allo sviluppo dell’industria turistica. Il ministero dovrà darsi da fare per realizzare questa risorsa digitale, offrendo uno spazio al servizio di chi fa impresa nel settore e garantendo regole condivise. Rafforzando il processo di digitalizzazione, potremo recuperare tantissimo, in termini di quote di mercato, rispetto agli altri competitor internazionali e potremo inoltre aiutare le aree più in difficoltà del Paese, come il Mezzogiorno. Il digitale contribuirà a semplificare l’esperienza di viaggio per la clientela nazionale e internazionale. Spetterà al ministero definire il contesto, ma operatori e rappresentanti dei territori dovranno alimentare questo ecosistema digitale: insieme alle infrastrutture per la mobilità sarà decisivo per garantire che l’industria italiana del turismo rimanga competitiva a livello mondiale.