L’anno che stiamo per metterci alle spalle ha inciso radicalmente sui processi produttivi accelerando un cambiamento complessivo della visione manageriale, spesso predicato, ma non sempre adottato. La pandemia ha imposto lo smart working come modalità lavorativa obbligata nei nostri settori di riferimento, ma in moltissime realtà del tessuto produttivo italiano, soprattutto di piccola dimensione, è mancata e manca tuttora una figura manageriale capace di aprire la strada alla modernizzazione.
Un percorso innovativo che non può risolversi nell’accezione più riduttiva dello smart working, quale semplice evoluzione del noto telelavoro, ma che deve invece dare piena applicazione a un modello di agile management finalizzato a soluzioni concrete e operative per competere e creare valore.
Dallo smart working all’agile management: un nuovo modello organizzativo che il management deve saper adottare
È necessario quindi cambiare filosofia, strategie e metodi, puntando all’inserimento della propria organizzazione aziendale nel quadro di un mondo che cambia. Sempre più velocemente. Ecco perché crediamo all’affermazione di alcuni paradigmi fondamentali: una maggiore autonomia e responsabilizzazione dei collaboratori, attenzione al monitoraggio dei risultati e un impegno convinto nella crescita delle competenze.
Sono questi alcuni degli elementi centrali de “La scacchiera del valore”, il modello di agile e welfare management che abbiamo realizzato in collaborazione con Fondirigenti, il fondo per la formazione da noi condiviso con Confindustria, a valle di un’attività di ricerca portata avanti tra luglio e settembre di quest’anno.
Dalle rilevazioni alla base del modello emerge un dato significativo: solo il 16% dei manager intervistati considera l’agile management una realtà già attuale nei contesti italiani. C’è quindi molto da lavorare.
Siamo ben consci delle responsabilità che la nostra categoria dovrà assumersi per cambiare passo, ma servirà un supporto pieno da parte delle istituzioni. Non è il momento delle reticenze.
Sarà inoltre imprescindibile il coinvolgimento effettivo di tutti i lavoratori, al fine di coniugare una migliore qualità della vita, privata e professionale, con la necessità di produrre beni e servizi competitivi sul mercato e rilevanti per i consumatori.
Il 2020 è stato certamente un anno di enormi difficoltà, ma da queste si impara, anche e soprattutto per migliorare. Siamo stati costretti ad apprendere in fretta, in una condizione di assoluta emergenza, ma l’orizzonte di una nuova normalità ci fa comprendere l’importanza di non interrompere questo processo evolutivo. Dobbiamo anzi “imparare a imparare”, affinando le nostre conoscenze e arricchendo un bagaglio di competenze che dovrà essere sempre più grande. La formazione continua è un asset essenziale e strategico su cui l’intero sistema Paese dovrà investire, in termini economici e culturali. È una delle grandi sfide che ci aspettano a partire dal 2021.