Mauro Vegni: tappa dopo tappa, esaltiamo le bellezze italiane

Il Giro d’Italia è una delle manifestazioni più seguite ma anche più complesse da gestire. Mauro Vegni, direttore della corsa, svela tutti i segreti della macchina organizzativa

Direttore, il Giro d’Italia è un grande evento sportivo, con una lunga tradizione che da sempre attraversa i luoghi più belli della nostra Penisola. Qual è il ruolo della direzione nella organizzazione e nella scelta delle tappe nei vari territori?

Attraverso un lungo processo che coinvolge il lato tecnico, quello culturale e quello economico, disegno un tracciato bilanciando ogni istanza. In ogni tappa c’è un mix di tutte e tre queste componenti che si contemperano in un unico messaggio finale che è quello di raccontare il nostro territorio e, attraverso gli anni, raccontare la storia del nostro Paese.

Mi sento un po’ come il “padre” di tutte le tappe e sotto il peso di questa responsabilità cerco di mostrare tutto il meglio del territorio attraverso il percorso.

È una responsabilità molto grande poiché scegliere vuol dire sempre escludere qualcosa, specialmente in Italia che è così ricca di bellezze paesaggistiche e storia.

È possibile stimare l’impatto del Giro d’Italia sull’economia locale, a partire dal turismo?

Per sua natura, il ciclismo è lo sport che permette di valorizzare maggiormente i territori ospitanti che diventano essi stessi protagonisti della gara, modificando e chiamando gli atleti a diversi tipi di gesti sportivi.

La produzione TV, che oltre a camere fisse e su moto, fa utilizzo di riprese aeree, con un elicottero concentrato sulla corsa e un secondo dedicato alle riprese del territorio, esalta il territorio e la sua promozione.

Il Giro è trasmesso, in varie modalità, in 198 paesi nel mondo, quindi capirete che visibilità offra ai territori attraversati: si rivolge ad un pubblico enormemente vasto, che rappresenta una fonte di turismo potenziale per gli anni a venire.

Oltre a questo, da non sottovalutare il ritorno immediato legato alla permanenza della Carovana stessa – circa 1.800/2.000 persone che si spostano giorno dopo giorno con la Corsa Rosa e che dormono, mangiano e consumano nelle località sede di tappa o nei territori circostanti generando un indotto importante – e quello del pubblico che si muove per assistere ad una tappa dal vivo.

Un buon numero di queste persone coglie l’occasione del Giro d’Italia per scoprire la località, acquistare prodotti enogastronomici e di artigianato locale, visitare musei e istituzioni culturali.

Il Giro ha un impatto positivo su altri aspetti della vita del territorio: da quello ambientale, legato alla promozione della c.d. mobilità dolce ed ecosostenibile e a corretti stili di vita, a quello infrastrutturale, per il quale vengono effettuati interventi migliorativi a strade ed edifici, a quello sociale e culturale, che consente agli amministratori e ai loro delegati di lavorare a stretto contatto con professionisti dell’organizzazione dei grandi Eventi acquisendo, quindi, il know how per gestire eventi futuri.

“Fare squadra” è la prerogativa di ogni attività sportiva. Nel ciclismo, sport in cui emerge il singolo, quanto conta invece il gruppo?

Il ciclismo è uno sport di squadra, anzi, forse proprio perché alla fine emerge il capitano, il lavoro del team assume un valore ancora più grande.

I “gregari”, come si chiamano i compagni di squadra del leader, del campione che lotta per la vittoria finale, fanno un lavoro fondamentale: proteggono il capitano, gli consentono di tenere la corretta posizione, chiudono gli attacchi degli avversari, recuperano le borracce e il cibo in fondo al gruppo.

Un lavoro importante che permette al leader di risparmiare le energie per poi attaccare al momento giusto.

Lo sport è sicuramente un settore che crea business e ha necessità di figure manageriali, ma quali sono le competenze e le qualità che un “manager dello sport” deve possedere?

Come i team in corsa, anche la squadra organizzativa è molto diversificata nelle competenze, capacità e attitudini. Ci sono moltissime specializzazioni diverse e professionalità altissime che alla fine si devono fondere per il risultato.

Le complicazioni maggiori vengono dal fatto che le situazioni affrontate durante un Giro d’Italia sono in continua evoluzione a seconda del luogo in cui ci si trova, condizioni diverse date non solo dalla conformazione del territorio ma dinamiche amministrative di relazione.

Quello che tutti hanno molto chiaro nella squadra è l’obiettivo finale e le tempistiche che sono sempre molto strette e le decisioni vanno prese in tempi strettissimi e qui entra un’altra caratteristica comune: l’intelligenza e l’umiltà.

Nessuna soluzione è mai perfetta per tutte le necessità e il team in tempi brevi capisce come modificare e a cosa rinunciare di “proprio” per il bene comune.

Quanto conta, ad esempio, possedere competenze di crisis management e un buon piano di disaster recovery?

Il ciclismo è uno sport che si svolge per strada, ogni giorno in un luogo diverso ed esposto a fattori esterni quindi la gestione degli imprevisti si complica. Il crisis management diventa di fondamentale importanza, sia in fase preliminare con un’analisi approfondita di quelle tappe che possono presentare situazioni di criticità, per esempio gli arrivi in quota a rischio neve, e prevedere dei piani B da condividere con le autorità competenti.

Ma molti imprevisti possono presentarsi in corsa e in quei casi, di fondamentale importanza, è la capacità di assumere decisioni rapidamente e con freddezza, avendo ben chiari gli interlocutori da coinvolgere.

Ripenso alla Milano – Sanremo 2016, quando a corsa appena partita uno dei miei collaboratori che precedeva la corsa mi chiamò per comunicarmi di una frana appena caduta sul percorso di gara.

In tempo reale, abbiamo dovuto effettuare un cambio di percorso, portando i corridori e la carovana dei mezzi sull’autostrada per il tratto necessario, con le relative chiusure della stessa.

Nella sua carriera, quali sono stati gli elementi che hanno favorito il suo percorso manageriale?

Favorito nel percorso, direi nulla. Ho sempre dovuto guadagnare, passo dopo passo, competenze, capacità e ruolo da solo. L’unico evento che mi abbia mai favorito, forse, è stato quello di aver avuto vicino Franco Mealli (storico organizzatore) che, vedendo le mie capacità e attitudini, mi ha fatto conoscere ed entrare in questo magnifico mondo.

* Ufficio Stampa Federmanager

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