Poker d’assi

Motivazione, coinvolgimento, fiducia. La ricetta per garantire il benessere lavorativo in azienda e per raggiungere un adeguato work-life balance esiste. Lo svelano quattro dei finalisti del Premio Giovane Manager 2022.

Perché investire sul well-being aziendale? Se è vero che più benessere per i lavoratori equivale a più produttività e crescita per l’azienda, è necessario adottare politiche di welfare sostenibili ed efficaci volte alla promozione di un clima aziendale positivo. Ne parliamo, in questa intervista a quattro voci, con Davide Arduini, Head of Financial Supply Chain in Saras S.p.a., Giorgio Martini, Purchasing Global Head General Assembly, Paint & Capex Logistic in Stellantis, Alice Minuto, Co-owner Figari Trade Solution e Francesca Protano, Director of Corporate Development in CNH Industrial.

Quanto incide la dimensione lavorativa nella sua percezione complessiva del benessere?

Arduini: Incide certamente. E ritengo che si debba pensare al benessere come ad un costrutto multidimensionale e dinamico, al quale concorrono non solo aspetti quali il comfort dell’ambiente di lavoro, la sicurezza e la prevenzione degli infortuni, ma anche aspetti quali, ad esempio, le relazioni interpersonali, la soddisfazione lavorativa e il commitment organizzativo e le relazioni con il management aziendale.

Martini: Incide in maniera importante. Più del 60% del nostro tempo lo passiamo lavorando (se escludiamo le ore di sonno) e nel restante 40% difficilmente riusciamo a staccarci del tutto. Una dimensione lavorativa non in linea con le nostre aspettative o di disagio non è sostenibile per lungo tempo; innanzitutto viene a calare la nostra performance lavorativa, poi, come naturale conseguenza, si lascia l’azienda o, peggio, si viene colpiti dalla sindrome da burnout.

Minuto: Ricoprendo ruoli manageriali è più facile riscontrare che la dimensione lavorativa ha una forte incidenza, sia per la quantità di tempo sia per il pensiero che dedichiamo al lavoro, anche quando pensiamo di non svolgerlo. Tutto ciò influisce nella percezione complessiva di benessere, che spesso è il risultato di come il lavoro si integra con la vita personale generando un vero e proprio modo di essere, sia nel positivo che nel negativo. A volte, ad esempio, basta captare una notizia in un momento di svago e ti viene in mente come poter realizzare al meglio un obiettivo o come esporre una determinata decisione.

Protano: Moltissimo. Passiamo la maggior parte del nostro tempo “al lavoro”, che sia in ufficio o a casa o in macchina. Ormai il luogo non conta più. Per questo il lavoro è diventato complicato da gestire specialmente nel post pandemia.

La dimensione lavorativa ha una forte incidenza, sia per la quantità di tempo sia per il pensiero che dedichiamo al lavoro, anche quando pensiamo di non svolgerlo.

Cosa ritiene fondamentale per un adeguato work-life balance?

Arduini: Affinché possa esserci un adeguato work-life balance è necessario, a mio avviso, che le aziende sviluppino politiche per la conciliazione tra vita professionale e vita lavorativa che garantiscano alla persona quelli che io definisco un benessere interno ed esterno all’azienda: sviluppare il benessere interno vuol dire esplorare il vissuto dei dipendenti rispetto al loro “stare” in azienda. Provvedere al benessere esterno vuol dire, per le aziende, prendersi cura della qualità della vita delle loro persone anche al di fuori del contesto lavorativo

Martini: In un mondo sempre più iperconnesso, il fattore chiave su cui le aziende devono puntare è proprio il diritto alla disconnessione. Lavorare da casa amplifica la sensazione di non riuscire a staccare mai. Vuoi o non vuoi, ci ritroviamo sempre a controllare e-mail e messaggi e questo ci tiene legati a doppio filo alla sfera lavorativa. Ciò genera uno stress non individuabile nell’immediato, ma che a lungo termine mina le basi del benessere. Scrivere regole chiare, operare con azioni mirate e concrete, a partire dagli spegnimenti di server, deve diventare nuova materia di miglioramento.

Minuto: Per raggiungere e mantenere un adeguato work-life balance, ritengo fondamentale la possibilità di organizzare il tempo lavorativo e di individuare gli obiettivi da raggiungere con responsabile autonomia.

Protano: Indispensabile per me sono il rispetto, l’ownership e l’accountability: questi, a mio avviso, i tre elementi che riescono a garantire un buon equilibrio. Aggiungo, che consentono anche di nutrire la giusta motivazione necessaria a migliorarsi nel lavoro e a ritagliarsi del tempo per sé stessi.

In un mondo sempre più iperconnesso, il fattore chiave su cui devono puntare le aziende è proprio il diritto alla disconnessione. Lavorare da casa amplifica la sensazione di non riuscire a staccare mai.

L’obiettivo di una piena sostenibilità – ambientale e sociale – è sempre più condiviso dalle imprese. In che modo lei contribuisce alla crescita sostenibile dell’azienda in cui lavora?

Arduini: Ho il privilegio di lavorare in una azienda che nella propria ragione sociale ha la definizione di “Life Company”, quindi, la sostenibilità è una responsabilità a 360° per orientare le mie azioni quotidiane verso obiettivi sostenibili: impegnarsi ogni giorno per generare un impatto positivo sull’ambiente, stimolare la diffusione di una cultura basata sulla sostenibilità, cercare di generare valore per le comunità e avere un approccio sempre aperto e curioso verso l’innovazione e le nuove tecnologie.

Martini: Con il mio lavoro ho la fortuna di portare avanti numerosi progetti di riduzione di CO2 e di indipendenza energetica. Questo però rientra nel business aziendale giornaliero. Come manager la nostra responsabilità sociale si esprime nei confronti del nostro team, verso il quale il miglior contributo da offrire è quello di essere buoni ascoltatori. L’empatia è oggi più che mai il fulcro per avere un team coeso e vincente. Se sappiamo accogliere le opinioni, i punti di vista e le emozioni dei nostri collaboratori, possiamo generare una spirale virtuosa che, oltre a regalare serenità, rappresenta il vero valore aggiunto.

Minuto: Se parliamo di sostenibilità ambientale, possiamo contribuire in ogni modo con azioni individuali e aziendali concrete: dallo spegnere la luce del monitor all’uscita dall’ufficio fino a collaborare a un piano di riduzione di emissioni nel caso di aziende manifatturiere. A livello sociale, una crescita sostenibile si crea, ad esempio, con una gender diversity protetta e supportata dal management e con un piano di compliance preciso e rispettato su abusi e irregolarità.

Protano: CNH Industrial, l’azienda nella quale lavoro, è stata inserita nel rapporto annuale di sostenibilità di S&P Global, “The Sustainability Yearbook 2023”, con il top score di 87 punti su 100 tra le aziende del settore machinery and electrical equipment, posizionandosi nella fascia più alta. Nel mio doppio ruolo in Corporate Development e Ventures, focalizzato sulle tecnologie cross segment, posso dire che la sostenibilità costituisce il criterio base di tutti i progetti. Ed è il primo check che effettuo all’inizio della valutazione di qualsiasi nuova opportunità.

Dai giovani ci si aspetta sempre che siano “portatori di innovazione”. Ma cosa vuol dire per lei, in concreto, essere capaci di innovare?

Arduini: Essere “portatori di innovazione” significa massimizzare la collaborazione e la partecipazione condivisa all’interno della propria azienda: l’innovazione è tale se è aperta, diffusa e interconnessa.

Per essere innovative le persone devono poter vivere il proprio ruolo come un’opportunità, come una sfida nella quale mettere in gioco la propria intelligenza e la propria energia.

Martini: Bella domanda. La risposta più facile e immediata è che ci si aspetti un punto di vista differente, libero da preconcetti, in grado di anticipare le future necessità del mercato. Credo che, per migliorare, bisogna confrontarsi con sfide diverse. Pertanto, è fondamentale che le aziende diano spazio e ascoltino i giovani, i quali devono farsi promotori delle loro idee, essere determinati e dotati della giusta dose di umiltà come patrimonio prezioso da portarsi dietro.

Minuto: Traduco innovare con pensare. Oggi le aziende richiedono a tutti i livelli di portare idee. Per restare sul mercato hanno bisogno di innovazione di processo, innovazione nei reparti, innovazione nel modello di business e nella gestione del personale. I giovani manager “portatori di innovazione” sono, a mio avviso, figure pensanti che mettono a confronto la loro vita e le loro esperienze con il mondo aziendale, offrendo una prospettiva diversa. A volte, infatti, le aziende selezionano i profili anche in base alla provenienza da settori differenti per trarre spunti e iniziative da esperienze eterogenee.

Protano: Essere capaci di innovare non vuol dire sempre essere disruptive. L’innovazione spazia da idee semplici a idee estreme, ma in ogni caso mai complesse. Le idee complesse portano valore, ma difficilmente vengono comprese e quindi utilizzate e sfruttate al massimo del loro potenziale. Spesso innovare vuol dire risolvere lo stesso problema da un altro punto di vista e non necessariamente in modo più sofisticato, anzi, solitamente in modo più semplice e più adottabile dall’utilizzatore finale.

Spesso innovare vuol dire risolvere lo stesso problema da un altro punto di vista e non necessariamente in modo più sofisticato.

Vi presentiamo gli undici protagonisti della Finale del premio Giovane Manager. Nomi, volti e percorsi professionali!

Emanuele Orlando

Global Vice President Sales in Barnes. Ricercatore presso il Dipartimento di Computer Science della Julius Maximilians Universitat di Wurzburg, è stato EMEA Sales Manager in aziende multinazionali.

Davide Arduini

È Head of Financial Supply Chain in Saras S.p.A.. Laureato in Giurisprudenza, la sua attività professionale si è svolta con diverse responsabilità nelle funzioni Finanza, Export e Supply Chain di importanti multinazionali.

Chiara Mangiarini

Group Human Resources Director in Ice Pharma. Dopo un master in Organization and HR Management, ha avuto esperienze da Human Resources manager in aziende del settore Chimico e Farmaceutico.

Francesca Protano

Director of Corporate Development in CNH Industrial. Laureata in Computer Science e già Senior Software Development Engineer al Centro Ricerche Fiat, ha svolto diversi ruoli manageriali nel settore automotive.

Filè Moussavi Alireza

General Manager in Ima Automation. Ingegnere meccanico, ha ricoperto incarichi di Business Developmemt, Sales and Marketing. Responsabile vendite per tutto il mercato asiatico.

Cesare Mosca

Head of Administration and Planning in Autostrade per l’Italia. Dopo una prima esperienza nella consulenza, si occupa di Amministrazione e Finanza in società concessionarie autostradali in Italia e Brasile.

Tiziana Musacchio

Medical Director Neurology, Global Medical Affairs in Abbvie. Laureata in Chimica Farmaceutica, ha perseguito una carriera nell’industria farmaceutica con diversi incarichi, anche all’estero.

Alice Minuto

Co-owner in Figari Trade Solution. Laureata in Economia. Esperienze nelle vendite e nell’export per aziende del settore siderurgico. Ha ricoperto ruoli manageriali nelle operations.

Giorgio Martini

Purchasing Global Head General Assembly, Paint & Capex Logistic in Stellantis. Una carriera con ruoli di crescente responsabilità in Fiat Group e FCA nell’area del Product Development.

Gabriele Pedone

Head of World Wide Dual Use Platform Controlling in Leonardo, Helicopter Division. Con una laurea in Ingegneria industriale e un Mba, è stato Business Controller in multinazionali per prodotti civili e militari.

Sergio Commendatore

Responsabile Internal Audit e Anti Bribery & Corruption in BusItalia. Dopo una carriera professionale in Guardia di Finanza, è passato ad occuparsi di Corporate Security Management in Ferrovie dello Stato.

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