Risorse femminili

L’impegno dell’Italia per favorire la parità di genere: dalla presentazione della Strategia 2021-2026 all’entrata in vigore della legge 162, che istituisce l’apposita certificazione in azienda. Progetto Manager incontra la ministra Elena Bonetti

Elena Bonetti, Ministra per le Pari opportunità e la famiglia

 

Ministra, negli scorsi mesi ha presentato la “Strategia nazionale per la parità di genere 2021-2026”, un passaggio importante per l’affermazione delle pari opportunità nel nostro Paese. Quali sono le priorità e le misure previste?

È la prima volta nella storia del nostro Paese che introduciamo una Strategia con obiettivi e azioni concrete per il raggiungimento di una piena parità di genere. L’orizzonte temporale è quello del 2026, perché la Strategia accompagna la realizzazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Lavoro, reddito, competenze, dimensione del tempo inteso come armonizzazione tra la vita lavorativa e familiare, potere e leadership femminile sono i suoi cinque assi prioritari. Il nostro Paese necessita di aumentare la qualità e la quantità del lavoro femminile in modo uniforme sul territorio nazionale, con un particolare impulso nelle regioni del Sud Italia. Più lavoro femminile significa più qualità, non solo del riconoscimento dei ruoli che oggi le donne ricoprono ma dell’inserimento delle donne in quei settori strategici di investimento nello sviluppo del Paese. Riguardo al reddito, la differenza salariale tra le donne e gli uomini è uno dei fattori di disuguaglianza che di fatto rappresentano un ostacolo anche allo sviluppo economico complessivo del Paese. Le ragioni di questa differenza risiedono in un diverso riconoscimento della carriera femminile rispetto a quella maschile ma sono anche conseguenze del fatto che il lavoro femminile costa potenzialmente di più alle imprese. Da un lato quindi si introducono, come fa la legge recentemente approvata, indicazioni normative di condizionalità che portano ad una maggiore trasparenza ed equità salariale, ma si introducono anche azioni positive di incentivo alle imprese per la valorizzazione del lavoro femminile e delle carriere femminili. Le competenze delle donne devono essere aumentate e qualificate nei settori di sviluppo: questo richiede di investire nelle materie Stem e nel digitale. Serve una revisione dei curricula a partire dai primi anni scolastici, contro gli stereotipi che vedono le donne escluse dal mondo scientifico e con un processo di riqualificazione e di investimento sull’imprenditoria femminile. C’è poi il tema dell’armonizzazione dei tempi di vita familiare e di lavoro: la riforma del Family act introduce il lavoro femminile e la condivisione paritaria dei carichi di cura tra le donne e gli uomini come elemento di investimento sia di carattere sociale che di carattere economico, supportato anche dal forte incremento dei servizi educativi che realizzeremo tramite il Pnrr, a partire dagli asili nido. La leadership femminile è, infine, l’ultimo asse della Strategia. L’idea è favorire la presenza delle donne nel mondo delle imprese e del privato, rafforzare strumenti come la legge Golfo – Mosca – ma con un allargamento anche a tutti i livelli della governance del privato – e introdurre meccanismi di trasparenza e selezione davvero capaci di garantire le pari opportunità. Questo anche nell’ambito dei ruoli istituzionali, dai processi di nomina al rafforzamento delle quote di genere nelle leggi elettorali.

La Strategia rappresenta un riferimento importante per il Pnrr e i suoi obiettivi in tema di politiche per il lavoro. Sul punto, è da poco entrata in vigore la legge n.162/2021 che istituisce la certificazione della parità di genere in azienda. Quali saranno i vantaggi per le imprese virtuose? Quali altri interventi legislativi saranno, a suo giudizio, necessari per ridurre davvero il gender gap?

La certificazione per la parità di genere prevede agevolazioni di carattere fiscale a beneficio delle aziende, e per questo è stato istituito un fondo di 50 milioni di euro annui, stabili e strutturali. Accanto a questo, però, stiamo lavorando per introdurre e modificare il Codice degli appalti perché la certificazione per la parità di genere possa rappresentare un elemento qualificante anche per l’impresa. In questa direzione, molto interessante è la normativa introdotta nella gestione dei fondi europei del Pnrr: con la pubblicazione delle Linee guida avvenuta con decreto interministeriale a firma mia e della ministra Dadone di concerto con i ministri Giovannini, Orlando e Stefani, introduciamo meccanismi di condizionalità per l’assunzione di donne e giovani nell’ambito degli investimenti del Pnrr – almeno il 30% – ma anche meccanismi di premialità nei punteggi dei bandi di gara.

La certificazione per la parità di genere prevede agevolazioni di carattere fiscale a beneficio delle aziende, per questo è stato istituito un fondo di 50 milioni di euro annui, stabili e strutturali

Questo significa scegliere la parità di genere come elemento qualificante dello sviluppo economico, produttivo e sociale del nostro Paese. Quindi, da un lato meccanismi di trasparenza, dall’altro però politiche di leva e di incentivo. Accanto a questo è necessario – e stiamo lavorando in questa direzione – favorire all’interno delle aziende meccanismi di selezione e di promozione in tutti i livelli del management dell’azienda, che permettano la qualificazione del lavoro femminile. L’altro grande elemento è che il lavoro femminile deve costare di meno, perché oggi, per i costi delle sostituzioni di maternità e per il fatto che sulle donne viene caricato il maggior tempo di cura familiare, nel mondo del lavoro le donne sono potenzialmente più costose. Ecco perché è importante fare leva su meccanismi come la decontribuzione del lavoro femminile e premialità per promuovere la carriera e la professionalità delle donne.

Ma per “sfondare il soffitto di cristallo” la partita deve essere giocata anzitutto sul piano culturale e, più in generale, sociale. Che ne pensa?

Per contrastare le disuguaglianze e realizzare un cambiamento culturale abbiamo bisogno di integrare la prospettiva di genere in tutti gli ambiti della vita sociale, economica e politica, e promuovere quella cultura della parità di genere che abbiamo scelto come elemento necessario per il pieno compimento della nostra democrazia. La nostra Costituzione assume come principio costituzionale identitario la libertà e l’uguaglianza di tutti i cittadini, il riconoscimento della persona nell’ottica della necessità che ciascuna e ciascuno possano concorrere con la propria realizzazione personale alla costruzione di un futuro e di un mondo migliore per tutti. Da questo punto di vista, il processo culturale è un processo che si costruisce nel linguaggio attraverso l’azione educativa e attraverso quelle prassi sociali che valorizzano sia la diversità di genere che la necessità della diversità di genere come elementi costitutivi di una prospettiva di sostenibilità.

Donne e management. La nostra Federazione si batte affinché cresca la quota delle posizioni manageriali femminili nelle organizzazioni private e pubbliche. Quanto è importante un effettivo rafforzamento della leadership femminile?

È strategico e decisivo. Senza questo elemento il nostro Paese non sarà in grado di affrontare la complessità delle sfide che il tempo che stiamo costruendo richiede. Lo ha detto la Presidente Ursula von der Leyen con grande chiarezza e determinazione: il valore della leadership femminile non risiede in una maggiore qualità delle donne rispetto agli uomini, ma nell’essere diverse dagli uomini.

Il valore della leadership femminile non risiede in una maggiore qualità delle donne rispetto agli uomini, ma nell’essere diverse dagli uomini

Solo nella relazione tra differenze potremo strutturare una progettualità capace di affrontare la complessità e dare risposte efficaci perché inclusive. Risposte capaci di farci raggiungere i nostri obiettivi, quelli che anche nell’Agenda 2030 ci siamo posti.

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