Responsabilità civile e penale dei dirigenti: quid iuris?

In quali responsabilità civili o penali può incorrere un dirigente aziendale? La realtà del lavoro manageriale rende questo interrogativo attualissimo. La funzione dirigenziale è infatti sottoposta a nuovi rischi mentre aumentano le situazioni potenzialmente ingeneranti carichi di responsabilità.

Ecco perché in questa sede focalizzeremo la nostra attenzione sull’obbligo datoriale di farsi carico, principalmente tramite ricorso a strumenti assicurativi, dei danni eventualmente causati dal dirigente nell’esercizio delle sue funzioni nonché, in caso di giudizio, delle relative spese legali.

Il tema, che è trattato dall’articolo 15 del ccnl dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi (analoghe tutele, al netto di qualche piccola differenza conseguente alla tipologia di azienda, sono previste anche in negli altri ccnl sottoscritti da Federmanager quali, ad esempio, l’art. 26 del ccnl Confservizi e l’art. 15 ccnl Confapi, ecc.) è certamente molto sentito. Forse più che in passato, quando ci si limitava ad affrontare la questione al verificarsi dell’evento negativo.

Oggigiorno, infatti, fattori quali l’evoluzione scientifica (in tema di ambiente, energia e sicurezza in generale), l’incremento di responsabilità affidate anche a manager non apicali, l’aumento delle controversie giudiziarie sul tema e, infine, una maggiore propensione aziendale, spesso motivata da difficoltà economiche, a sollevare eccezioni circa l’applicazione della copertura, hanno trasformato la questione da fatto marginale a condizione meritoria della massima attenzione.

Quando l’articolo 15 del ccnl recita che: “Ogni responsabilità civile verso terzi per fatti commessi dal dirigente nell’esercizio delle proprie funzioni è a carico dell’azienda” prende in considerazione la presenza di terzi danneggiati e pertanto impone di stabilire quali tra i fatti “commessi dal dirigente nell’esercizio delle proprie funzioni” siano da ricomprendere nella qualificazione di esercizio.

La giurisprudenza ha chiarito che si dovrà aver riguardo ai soli “fatti” compiuti con il fine ultimo del perseguimento del “bene” aziendale e, comunque, degli interessi strettamente connessi alla Società. È pertanto esclusa l’applicabilità dell’art. 15 nei casi in cui, pur essendo stati compiuti degli atti nell’esercizio delle funzioni, gli stessi siano stati contrari all’interesse specifico del datore di lavoro e/o commessi motu proprio.

Chiarito questo, si interpreta bene anche ciò che il ccnl dice in riferimento al 4° comma in cui, i “fatti direttamente connessi all’esercizio delle funzioni” attribuite al dirigente, assumono rilievo solo se sono civilmente e penalmente illeciti e perpetrati dal dirigente con il fine principe dell’interesse e degli scopi aziendali (cui commoda eius incommoda).

Qualora, infatti, il datore risultasse parte lesa del reato perpetrato dal dirigente, la copertura ex art. 15 non potrebbe certamente operare.

Ma cosa succede al dirigente che, chiamato in giudizio, deve sostenere spese processuali? Qui l’articolo 15 viene in soccorso riconoscendo il rimborso da parte aziendale senza differimento temporale.

Questa è l’interpretazione corretta del comma 7, che esplicita l’unico caso in cui si esclude la garanzia economica, vale a dire quando la colpa grave o il dolo del dirigente sono accertati con sentenza passata in giudicato. Pertanto, si deve concludere, fino a conclusione del procedimento al datore di lavoro non è data facoltà di riscuotere quanto precedentemente versato.

Per prevenire eventuali contestazioni relative alla ipotesi in cui, all’esito del procedimento penale, venga emessa sentenza di condanna a carico del dirigente al fine di giustificare la ripetizione/mancata erogazione dei pagamenti/rimborsi effettuati, occorre verificare se il dirigente abbia agito in termini conflittuali con l’azienda o, comunque, perseguendo interessi, in forma gravemente colposa, antitetici a quelli datoriali.

In ogni caso, l’unico strumento per evitare la restituzione di quanto corrisposto ex art. 15 è il ricorso allo strumento assicurativo, ma questo vale per la sola ipotesi di colpa grave (mai per il dolo).

Esistono, infatti, grandi compagnie che offrono tutele assicurative ad hoc (c.d. polizze D&O) che coprono anche i casi di colpa grave. Nel sistema Federmanager, Praesidium è la società che svolge un’azione di scouting volta proprio a individuare la migliore proposta alle condizioni migliori.

La tutela assicurativa, peraltro, tutelerebbe, al ricorrere di un evento negativo, non soltanto il dirigente e l’azienda, ma faciliterebbe il risarcimento del terzo danneggiato che avrebbe un soggetto – la compagnia di assicurazione – tipicamente solido dal punto di vista economico-finanziario.

*   Avvocato, consulente legale Federmanager