Raccontare il welfare che cambia

Il welfare sta cambiando. Per diverse ragioni. In primo luogo perché gli Stati (e in particolare lo Stato italiano gravato dal secondo debito pubblico europeo dopo quello greco) non hanno più le risorse per sostenere e far evolvere il “welfare state” cioè lo stato sociale che conosciamo. In secondo luogo, perché l’evoluzione sociale e familiare (aumento dell’età media della popolazione, riduzione della natalità, aumento delle famiglie mononucleari) hanno ampliato le “domande di welfare”. In terzo luogo, perché l’esigenza di aumentare la produttività, che in nel nostro Paese è stagnante da almeno 15 anni, impone di avvicinare il più possibile al livello aziendale le retribuzioni, che possono essere erogate anche con servizi di welfare.

Da queste tre cause deriva l’attuale spinta alla modificazione del welfare, al quale il governo sta dedicando particolare attenzione con la defiscalizzazione del welfare aziendale e con l’incoraggiamento del welfare contrattuale. Un’evoluzione che i media debbono cogliere e raccontare, perché rappresenta una delle maggiori trasformazioni sociali ed economiche del nostro Paese. 

Per questo la nostra agenzia di stampa Askanews ha deciso di dedicare all’evoluzione del welfare una specifica newsletter che abbiamo intitolato “Welfare 4.0” (visibile sul nostro portale www.askanews.it) in assonanza con “Industria 4.0”, perché il nuovo welfare, meno pubblico e più privato, meno standardizzato e più personalizzato, poggia su quattro pilastri: aziendale, che sarà sempre più incentivato fiscalmente; contrattuale, perché i contratti di lavoro punteranno sempre più sui servizi di welfare e sempre meno su aumenti monetari; integrativo perché sia nella previdenza sia nella sanità occorrerà affiancare alle tutela pubbliche generaliste tutele private specifiche; privato, perché ciascuno, utilizzando le leve assicurative, potrà costruirsi un proprio welfare “su misura”.

La sfida del nuovo welfare riguarda tutti: istituzioni, imprese e sindacati, lavoratori dipendenti e autonomi, giovani e anziani. E in primo luogo riguarda i dirigenti che dovranno imparare a utilizzare al meglio questa nuova leva di management, che è destinata ad acquisire sempre maggiore rilievo nella vita delle nostre imprese e delle nostre relazioni industriali. Ci sono imprese che hanno ormai una lunga storia di welfare aziendale. Altre che si stanno solo ora affacciando a questa nuova dimensione.

Ci sono aziende che utilizzano pochi servizi di welfare (magari solo la mensa o il ticket restaurant) e altre che hanno elaborato sistemi sofisticati di “welfare fai da te” in cui il dipendente può scegliere i servizi più adeguati alla sua personale situazione familiare e sociale da un basket di numerose opportunità. E’ un mondo che coinvolge anche i professionisti, le cui casse previdenziali stanno arricchendo con nuovi servizi sanitari e assistenziali la caratteristica funzione previdenziale.

Il nuovo welfare che abbiamo cominciato a raccontare comprende ormai tutta la macro sfera dei servizi alla persona. Nell’intervista che pubblichiamo nel primo numero della newsletter  l’ex ministro del lavoro Tiziano Treu afferma che sono state censite ben 98 diverse tipologie di servizi che coinvolgono tutte le fasce d’età: dai più piccoli (asili nido aziendali) ai meno giovani (il problema dell’assistenza agli anziani non autosufficienti) e cercano di favorire la migliore conciliazione vita-lavoro sul fronte della mobilità e non solo.

La spesa media di ogni azienda italiana per iniziative di welfare aziendale integrativo è stimata oggi in circa mille euro l’anno, che moltiplicati per i 23 milioni di lavoratori dipendenti vuol dire circa 23 miliardi l’anno, senza contare il welfare dei lavoratori autonomi e dei professionisti. È una stima che coincide con quella dell’Ocse secondo cui ai servizi di welfare aziendale è destinato l’1,6% del Pil italiano, circa 24 miliardi di euro. Tanto? Ancora non troppo. C’è molto spazio per crescere, dal momento che nei maggiori Paesi europei – basti pensare a Germania e Gran Bretagna – si spendono cifre quattro-cinque volte maggiori.

La legge di stabilità per il 2016 ha aggiornato – e semplificato – il sistema fiscale per l’erogazione dei servizi di welfare, soprattutto aziendali, soprattutto se negoziati contrattualmente. E la nuova legge di stabilità per il 2017 dovrebbe fare un nuovo significativo passo avanti.

Le frontiere del nuovo welfare si stanno dunque allargando. E non c’è giorno in cui non si registri una novità, un’iniziativa, un’analisi, una ricerca utile per chi opera in questo perimetro. La difficoltà sta nell’essere costantemente aggiornati, senza dover fare della ricerca di informazioni un impegno gravoso. E’ esattamente ciò che ci proponiamo di fare noi: la newsletter Welfare 4.0, che da fine settembre avrà cadenza settimanale, ha l’ambizione di offrire quella piattaforma informativa integrata che ancora mancava, dove poter trovare tutto quanto serve all’attività manageriale, professionale, imprenditoriale e sindacale di chi opera in questo nuovo campo di azione che è destinato a cambiare in profondità il nostro panorama sociale.

 

Paolo Mazzanti, Direttore Askanews