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Prove d’amicizia in Oriente

La sala all’interno del ministero dei Beni culturali è gremita di gente. Operatori turistici, esperti di viaggi, amministratori locali. Tutti ad ascoltare quale sia la via per attrarre la classe media cinese verso le bellezze dell’Italia, andando anche oltre i consueti pacchetti toccata e fuga Venezia-Milano-Firenze-Roma.

Per il visitatore d’oltre Muraglia, il Belpaese altro non è che una tappa di un più ampio tour europeo che magari lo porterà a Londra, Parigi o Berlino. Tante città in pochi giorni.

Certo, i tempi stanno cambiando. I programmi non sono più necessariamente i tour de force da 10 Capitali in 14 giorni proposti negli annunci che capitava di leggere nelle agenzie di viaggio a Pechino fino a qualche anno fa. Ma viaggio in Italia per il turista cinese vuol dire comunque ancora viaggio in Europa.

La sfida è quindi attirare la sua attenzione, facendo in modo che si trattenga il più possibile, aumentando la spesa media per turista, quindi puntando molto proprio sui viaggiatori dalla Repubblica popolare e dal Giappone.

La platea presente al ministero è lì per capire come la partnership tra l’Ente nazionale del turismo (Enit) e Alitrip, il braccio armato turistico del colosso dell’ecommerce cinese Alibaba, possa fungere da volano per l’industria ricettiva nazionale.

L’idea è quella di aprire un Padiglione Italia all’interno della piattaforma viaggi gestita da Alibaba. Un luogo dove presentare al meglio pacchetti tagliati su misura per la clientela cinese. Una vetrina comune capace di fare da catalizzatore per le realtà meno conosciute e per questo magari snobbate.

Qualcosa del genere, non soltanto limitato al turismo, ma a tutte le aziende italiane, è avvenuto lo scorso febbraio in occasione della visita in Cina del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Il gruppo fondato da Jack Ma aprì per una settimana un canale dedicato al Made in Italy. Negli ultimi mesi Rodrigo Cipriani Forensio, country manager per l’Europa del Sud, ha girato la Penisola presentando le opportunità per le piccole e medie imprese.

«In Italia ci sono molte eccellenze, penso ad esempio al campo tecnologico. Occorre però imparare ad approcciare un mercato come quello asiatico. Si tratta di una realtà complicata per via delle dimensioni e delle differenze da Paese a Paese.

L’Italia ha bisogno di strutture per fare sistema», spiega Christopher Tay, Chief admnistrative officer della casa farmaceutica Menarini per la regione dell’Asia e del Pacifico, nonché componente della Camera di commercio italiana a Singapore, che dalla città del Leone funge appunto da raccordo per indirizzare le Pmi verso l’espansione nella regione.

Il punto di partenza sono le classiche “tre effe” che contraddistinguono l’export tricolore, ossia food, fashion e forniture. ll tema della promozione del Made in Italy è tornato in voga a inizio anno in occasione del viaggio a Pechino del sottosegretario al Commercio estero, Ivan Scalfarotto.

L’Italia quadruplicherà a 20 milioni di euro le risorse per la promozione del Paese. La formula su cui si intende puntare è “bello e ben fatto”. BBF, così sono definiti quei prodotti che si collocano in una fascia sotto quella dei prodotti di lusso.

D’altra parte, i grandi marchi italiani riscontrano già successo e contano su possibili acquirenti, in particolare tra le classi più abbienti. Basti pensare che lo scorso settembre, in occasione del G20 di Hangzhou, sulle piattaforme Alibaba sono serviti appena 18 secondi per vendere 100 Suv Maserati. E a marzo in appena 33 secondi furono acquistate 350 Alfa Giulia. Ma in qualche modo si tratta di nomi che non hanno bisogno di presentazioni. Un po’ come lo store online targato Juventus.

Serve però una massa critica che permetta al tessuto delle piccole e medie imprese, spesso sconosciute al grande pubblico benché spesso eccellenze, di farsi conoscere. Il festival del vino è stato un primo tentativo.

Lanciata dallo stesso Jack Ma assieme a Matteo Renzi in occasione dell’edizione 2016 del Vinitaly a Verona, la giornata speciale dedicata al vino su Alibaba ha permesso di vendere oltre 100.000 bottiglie. Molte? Poche?

Per gli entusiasti di questo sistema si è trattato di un modo di portare in Cina una cinquantina di cantine, anche se i detrattori sottolineano l’importanza avuta dalle promozioni e prezzi scontati in tale exploit.

Altro tentativo, sempre tramite Alibaba, è il progetto “e-Marco Polo”, sostenuto da Intesa San Paolo e Unicredit. Si tratta di una vetrina virtuale sulla piattaforma Tmall Global, dove sarà possibile acquistare online una serie di prodotti italiani, con l’obiettivo di sostenere le Pmi. L’Italia sta intensificando gli sforzi.

Il primo ministro Paolo Gentiloni è stato l’unico leader del G7 a partecipare al vertice di Pechino per celebrare la “nuova Via della Seta”, la rete infrastrutturale e logistica lungo la cosiddetta One Belt One Road, attraverso cui i cinesi intendono intensificare gli scambi tra l’Estremo Oriente e l’Europa.

La presenza di Gentiloni è importante. Il governo si vuole infatti dimostrare amico di Pechino. Ma, come nota un top manager di un’importante realtà industriale italiana, marcando le differenze tra la strategia nazionale e quella tedesca: noi ci arrovelliamo per firmare accordi, loro arrivano con progetti concreti.

*   China Files è un collettivo di giornalisti specializzati in Asia ed Estremo Oriente