Il welfare è il nuovo fattore di employability

La spesa familiare per il welfare assorbe circa il 15% del reddito rappresentando un vero e proprio business da 109 miliardi di euro, pari al 6,5% del PIL tanto da diventare la terza voce di spesa dopo quella alimentare e casa.

In un millennio globalizzato e oltremodo competitivo, come il nostro, dove il confine tra la vita privata e lavorativa è diventato sempre più labile, i servizi di supporto di flexible benefits, health care, social assistance in ambito familiare stanno diventando uno strumento di employability per le nuove generazioni di manager favorendo un mercato del lavoro più dinamico e produttivo.

Per una maggiore crescita di tale strumento moderno di politica del lavoro la futura normativa contrattuale e fiscale dovrà puntare ad un più robusto sistema premiante di welfare per i giovani dirigenti in modo da promuovere maggiormente il merito e le potenzialità professionali utilizzando anche un’attenta e mirata attività di tutoraggio e trasferimento delle competenze dei seniores con più anni di esperienza lavorativa.

Per le parti sociali delle rappresentanze datoriali e manageriali si pone l’esigenza di favorire gli investimenti verso le politiche del lavoro attrattivo e motivante per i giovani manager creando benessere collettivo come valore fondante di bilanciamento tra sforzo e ricompensa per gli juniores e di performance di lungo periodo per l’impresa.

Infatti, sta emergendo, ascoltando i colleghi manager giovani, che uno dei motivi di stress non è tanto l’eccessivo carico di lavoro quanto la carenza di strumenti di conciliazione tra gli impegni aziendali e familiari che non aiutano, di certo, a raggiungere facilmente gli obiettivi di produttività attesa.

Investire sull’organizzazione del lavoro significa creare un habitat lavorativo confortevole, tenendo conto dei limiti biologici delle persone, e limitare lo stress cronico che, purtroppo, ha elevati costi in termini di assenze e inefficienze sul lavoro.

La parola chiave è quindi “motivare “i giovani talenti con politiche attive del lavoro specie per le giovani donne manager che hanno valori e priorità diversi per gli obblighi e gli impegni familiari dei quali si fanno notoriamente carico accudendo, più delle volte, oltre ai  i figli anche  i propri cari anziani.

Una politica di maggiore attenzione verso giovani dirigenti e quadri risolve in buona misura, da un lato, il problema dell’ageing in azienda che tende a rallentare la crescita economica e di carriera delle generazioni più giovani e, dall’altro lato, il problema dell’invecchiamento e quindi dell’assistenza alla popolazione degli anziani frequentemente a carico dei figli.

Tante aziende illuminate, le cosiddette “Great place to work”, per le quali il welfare aziendale sta diventando una nuova attività d’impresa, si stanno già muovendo per intercettare quei bisogni individuali dei loro junior manager che per il  carico di preoccupazioni familiari mal si coniugano con un equilibrato sviluppo organizzativo ed individuale, proponendo una gamma di nuovi servizi ad hoc anche ai nuclei familiari.

Il cambio di passo di tale aziende è aver compreso, almeno le più piccole, che per dare maggiore valore aggiunto agli investimenti in welfare occorre creare apposite reti d’impresa in sharing anche con realtà sociali o ETS regionali per rendere più fruibile  l’erogazione di beni e servizi in una logica di specificità territoriali dove le comunità dei dipendenti vivono.

La differenza, rispetto al recente passato, è  la consapevolezza che solo questo cambio di prospettiva potrà dare un senso compiuto alla valorizzazione del tempo personale, a nuovi equilibri vita-lavoro, alla parità di genere, al valore  di cura della propria salute e del benessere oltre che ad  una maggiore coscienza  dei rischi  e delle fragilità  che un epoca incerta, come la nostra, potrà quasi certamente riservare alle nuove generazioni di manager lungo l’arco della vita lavorativa e nel lungo tempo della quiescenza.

Investire nel welfare integrativo significa, per le aziende, favorire e sviluppare la cultura del rischio e delle relative tutele nelle giovani generazioni di manager orientandoli a sottoscrivere hic et nunc le coperture non procrastinabili per assicurarsi un futuro.

Attenzione, però, a mappare correttamente i nuovi bisogni per costruire e governare una gamma di benefits appropriati alle esigenze dei propri dirigenti evitando di investire in beni e servizi per i quali, talvolta, se i dipendenti potessero scegliere allocherebbero una ridotta spesa del budget complessivo aziendale.

Per le aziende Investire bene significa, da una parte, conoscere e capire i propri collaboratori e le loro esigenze specifiche e dall’altra, monitorarne periodicamente l’evoluzione.

Gli investimenti in welfare innovativo per giovani manager devono quindi rappresentare l’espressione  di una cultura aziendale di “performance audit” e di attenzione al benessere dei propri dirigenti  e dei familiari.

Tali scelte fanno grandi le aziende per la qualità innovativa dell’organizzazione, per la cura delle risorse umane meritevoli, per il clima di serenità aziendale, per la capacità di ascolto del proprio management  con un beneficio diretto sulla crescita del business e del Paese.

 *  Presidente Praesidium spa