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Manager cittadini d’Europa

La prima delle partite nazionali del tabellone 2017 è stata vinta dal fronte europeista. Le elezioni in Olanda, un Paese che non era mai stato così al centro delle attenzioni dei leader del mondo, hanno segnato un buon risultato, soprattutto se consideriamo che l’affluenza alle urne ha sfiorato l’82%. Aspettando il voto francese e tedesco, ci accorgiamo dell’eccezionale segnale di partecipazione democratica che non può che far bene alla nostra Europa.

Il contributo che è offerto dalla categoria manageriale per la costruzione del futuro dell’Ue è stato oggetto di alcuni colloqui che ho avuto di recente con i rappresentanti del Parlamento europeo e con il Ministero degli Affari esteri. In particolare, dall’incontro con il neo presidente Antonio Tajani è emersa l’importanza di coinvolgere i corpi intermedi come Federmanager nel ruolo di proposta legislativa e progettuale per una nuova costituzione europea.

Abbiamo difatti condiviso che il modello sociale europeo è basato sul principio del benessere economico e sul mantenimento della pace tra le nazioni. Oggi circa 6.5 milioni di europei lavorano in uno stato membro diverso da quello in cui sono nati. Il mercato delle esportazioni comunitarie vale oltre 5.8 trilioni di euro mentre per 80 Paesi del mondo l’Europa è il principale partner commerciale.

Per questo, nell’ambito della promozione del nostro ruolo manageriale, intendiamo difendere il valore del mercato comunitario e della libertà di circolazione e di scambio. Commercio e industria sono entrambi settori che dipendono dall’attuazione di politiche comuni su capitoli strategici che sono concatenati e interdipendenti.

Ci auguriamo che il dibattito sull’Europa, dopo Brexit e l’elezione di Trump, stia producendo l’effetto di rilanciare il significato delle conquiste dei Trattati firmati 60 anni fa. L’economia italiana ha bisogno di un’Europa capace di politiche di sviluppo e di investimento coordinate e a lungo termine. Un’Europa che sia in grado di sostenere un’idea di concorrenza più libera e meno burocratizzata.

Sotto la spinta dell’innovazione tecnologica nelle nostre imprese si affermano metodi di produzione che stanno determinando un cambiamento immediato del modello stesso di fare industria. Il management europeo questa trasformazione la compartecipa ed è responsabilmente impegnato a creare le condizioni affinché l’Europa non abdichi alla sua connaturata vocazione industriale.

La direzione è innovativa e tiene conto del valore della qualità e della sostenibilità, sociale e ambientale, della produzione. Le iniziative devono essere maggiormente orientate a mobilitare tutti i nostri partner per arrivare al completamento del mercato unico e per rivedere la politica commerciale al fine di attirare più investimenti industriali.

Il recente accordo con il Canada è l’esempio di un partenariato che l’Europa può costruire nella logica di aiutare le PMI europee a essere competitive su scala globale senza rinunciare agli alti standard sociali, di welfare e di sicurezza che contraddistinguono il nostro sistema.

Va soprattutto evitato che, in attesa di elaborare una condivisione operativa a livello comunitario, i mercati nazionali procedano in senso difensivo, quando invece va promosso il valore dell’interoperabilità e della ricerca e, evitando doppioni o sovraccapacità, va pianificato il futuro dell’industria europea.

A partire dal Piano Industria 4.0 e dalle più recenti iniziative Ue su robotica e intelligenza artificiale, sono molti i settori strategici direttamente coinvolti dall’iniziativa legislativa comunitaria. Energia, sistema bancario, fisco, chimica, siderurgia, logistica costituiscono i segmenti su cui siamo a lavoro con le Commissioni di settore nate in casa Federmanager.

Siamo consapevoli, infatti, che oggi ogni problematica nasce già con una dimensione europea. Così come ogni manager, nella vita e nel lavoro, nasce e ragiona da cittadino europeo.