Il problema previdenziale sul filo di 5 mesi

Si rimane a dir poco sconcertati di fronte al dibattito in corso sull’aumento dell’età pensionabile, comunque lo si consideri: lato sindacati, nel collegare allo slittamento in avanti pesanti frustrazioni per le aspettative negate agli aspiranti pensionati; lato governo, nel preconizzare il salto del banco dei conti pubblici se tale slittamento viene bloccato o ritardato.  Stiamo parlando di 5 mesi.

Le ragioni a favore e contro sono molteplici e tutte meritevoli di rispetto: tuttavia, la questione discussa – e da molte parti enfatizzata – non fa altro che riproporre ben note preoccupazioni.

Il sistema di welfare pubblico non ce la fa più da solo a soddisfare la domanda dei cittadini, non solo per l’aspetto previdenziale ma anche sanitario. Non aiuta molto spiegarne le motivazioni, perché – il passato ce lo insegna – non servirebbe a evitare il ripetersi degli errori commessi. Di certo non è colpa dei destinatari del servizio, siano essi giovani od anziani, con un lavoro od inoccupati, pensionati o socialmente assistiti.

E purtroppo le odierne attenzioni delle forze sociali e della politica trovano puntuale riscontro nelle prossime scadenze elettorali a livello nazionale, che non sono mai foriere di provvedimenti ragionati sul lungo periodo.

Il prolungamento dell’aspettativa di vita e le difficoltà occupazionali dei giovani spiegano solo in parte le difficoltà attuali di un sistema che si alimenta di consistenti contributi obbligatori e che dovrebbe assicurare sostegno alla salute ed una serena vecchiaia per tutti.

Questi due fattori, interpretati isolatamente dal contesto più complesso in cui andrebbero colti, rischiano piuttosto di produrre l’effetto pericoloso di minare il patto intergenerazionale su cui si basa ogni sistema previdenziale: le pensioni di oggi vengono pagate dai lavoratori di oggi, così come i pensionati di oggi hanno pagato a suo tempo le pensioni della loro precedente generazione.

Questo scambio virtuoso può essere ovviamente corretto in relazione al rapporto contribuenti attivi-pensionati ma non deve essere gravato da compiti impropri. Occorre cioè finalmente separare la previdenza dall’assistenza, ponendo quest’ultima a carico della fiscalità generale, e recuperare l’evasione fiscale e contributiva.

Ed occorre dare piena dignità alle forme di integrazione al welfare pubblico, sia fondi sanitari sia fondi pensione, allineando il trattamento fiscale dei relativi contributi a quelli versati nel regime obbligatorio e cioè sottraendoli alla pressione fiscale proprio in virtù della loro natura integrativa, un tempo volontaria ma oggi di fatto essenziale.

Anche nella contrattazione aziendale è bene favorire con benefici fiscali l’irrobustimento di tali forme integrative, la cui importanza già da tempo è sottolineata dalle rappresentanze datoriali e dei lavoratori.

I fondi pensione sono quindi chiamati a svolgere una funzione di supporto e sussidiarietà al sistema pubblico, in termini che saranno sempre più rilevanti con il passare degli anni.

Già oggi peraltro essi assicurano servizi importanti – oltre a quello classico della erogazione della rendita al maturare dei requisiti pensionistici – quali le anticipazioni per necessità collegate alla salute o all’acquisto della prima casa così come in caso di difficoltà occupazionali sul lavoro. O come nel caso della cosiddetta RITA che è in pratica l’anticipo pensionistico APE conseguito tramite il fondo pensione invece che con il prestito bancario.

L’apertura ai familiari a carico consente poi di costruire anche per i propri cari una rete di protezione pensionistica e, nel caso dei figli, di anticipare al massimo il percorso integrativo.

E’ infatti sempre maggiore l’attenzione degli iscritti ai fondi pensione verso la costruzione di una tutela previdenziale per i propri familiari.

Tutto questo è assicurato dalla gestione del patrimonio caratterizzata da investimenti finalizzati alla miglior valorizzazione dei contributi versati dagli iscritti, in un ambiente di rischio coerente con la finalità previdenziale dell’investimento e con i diversi orizzonti temporali degli iscritti.

E la recente sollecitazione ad impegni nell’economia reale può essere recepita con soluzioni, sicuramente presenti anche nel sistema Italia, di maggior rendimento a parità di rischio e con rigidità accettabili.

*    Presidente Previndai